San Giuseppe Calasanzio 1557, Peralta de la Sal, Spagna- 1648, Roma.
Regina delle Scuole Pie, Frascati (RM)
Tomba di san Giuseppe Calasanzio presso la chiesa di san Pantaleo a Roma.

BREVE CENNO BIOGRAFICO

SU S. GIUSEPPE CALASANZIO[1]

Picanyol L. (1957). Florilegio Calasanziano. Saggio di massime, brani e lettere scelte, estratti dall’epistolario di S. Giuseppe Calasanzio. Roma: Editiones Calasanctianae. Pp. 10-12

Nacque a Peralta de la Sal, piccolo paese nei confini tra l’Aragonia e la Catalogna, l’11 settembre 1556, come vuole la tradizione, sebbene la data no sia del tutto sicura.  Fin dalla fanciullezza diede prova della più fervente pietà e della cristiana educazione ricevuta dai genitori.

Compì i suoi primi studi in patria, e poi nella vicina Estadilla.  Succesivamente fu ascritto all’Univesità di Lerida, dove si fermò probabilmente fino al 1577; ivi si acquistò la stima di tutti i compagni e fu eletto Principe o Rettore di essi, secondo gli usi del tempo.  Passò por a Valenza, dove la sua virtù fu messa ad una formidabile prova, superata però vittoriosamente coll’abbandonare anche quella città per rercarsi, come dicono i biografi, a proseguire il corso teologico ad Alcalá de Henares, che terminò forse nel 1581, con il titolo di baccalaureatus.

Ordinato sacerdote nell’anno 1583, ebbe importanti incarichi in varie diocesi della Spagna, ma soprattutto nella sua, Urgelle, dove il vescovo Andrea Capella gli affidò quello di Ufficiale di Tremp e Visitatore delle vaste regioni ai confini con i Pirenei.  Qui venne a contatto con il popolo, del quale imparò a conoscere le miserie ed a comprendere le ragioni del suo decadimento.

Nel 1592, lasciando la Sapagna per un complesso di circostanze non acora del tutto chiarite, venne a Roma, dove lo attendeva la divina Provvidenza.  Dapprima fu teologo del Card. Marc’Antonio Colonna e attese, altresì, ad opere di devozione personale e di assistenza sociale cristiana, come membro delle diverse confraternite, cui fu ascritto.  Propio nell’adempimento degli obbighi inerenti ad esse, Iddio gli fece palese la missione cui l’aveva destinato.  Comprese, quindi, che questa era la cristiana educazione dei ragazzi del popolo, togliendoli dalla strada e dalla ignoranza: il mezzo non poteva essere che la scuola.

Insistette, perciò, presso il Senato romano perché i maestri dei rioni accetassero anche gli alunni pover; dopo aver, poi, sollecitato i gesuiti e i domenicani perché se ne assumessero l’incarico, si convinse che proprio a lui il Signore affidava quella umanitaria e cristiana missione: fondò le Scuole Pie.  Nel 1597, infatti, in due stanze attigue alla chiesa di S. Dorotea in Trastevere, iniziò le sue scuole gratuite e giornaliere: ivi ebbe origine, come riconosce il Pastor « la prima scuola pubblica popolare gratuita d’Europa ».

Cominciò con un centinaio di alunni, ma il numero crebbe tanto rapidamente, che bisognò cercare nuovi collaboratori e locali.  In queste scuole non veniva insegnato solo il chatechismo, ma tutte le materie dell’insegnamento soprattutto elementare, con particolare preferenza per la caligrafia e l’aritmetica di cui il Calasanzio diceva che era indispensabile per i poveri che non avevano mezzi di vita.

Il Papa Clemente VIII approvò ed incoraggiò l’opera del Calasanzio, che Paolo V, poi, eresse in formale Congregazione nel 1617, e Gregorio XV nel 1621 in Ordine religioso propriamente detto.  Anzi volle che il Santo ne dettasse le costituzioni e gl’impose di assumerne per nove anni il governo.  Urbano VIII gli confermò  l’incarico a vita.  L’opera calasanziana si diffuse rapidamente in Italia e fuori, perché rispondente ad un bisogno universalmente sentito.  Così rapido sviluppo nocque in qualche modo alla giovane istituzione.  Difficoltà, contrasti, avversioni, sorsero ben presto contro S. Giuseppe Calasanzio e la sua opera, sicché essa si trovò a dover affrontare una crisi assai grave, provocata all’interno, soprattutto dai fratelli laici aspiranti al sacerdozio, e all’esterno da un deciso attaco di emuli coperti e nemici aperti.  Questo stato di cose anomali cagionò da parte di Urbano VIII, nel 1643, la deposizione del Calasanzio da Superiore Generale, quando il Santo aveva già 86 anni ed era stato perfino portato al Tribunale del S. Ufficio.

Innocenzo X, poi, con «breve» del 16 marzo 1646, riduceva l’Ordine ad una unione di case indipendenti l’una dall’altra, con potere di farne parte e uscirne a proprio piacimento.   Il colpo fu duro per il santo Vegliardo, che morì nel 1648, nel 25 agosto, lasciando le sue Scuole Pie in quelle tristi condizioni.  Non aveva, però, mai abbandonato la speranza che la sua opera risorgesse più,  splendida di prima. La profezia si avverò.  Infatti, dopo dieci anni dalla soppressione, Alessandro VII rese all’Istituto la fisionomia di Congregazione religiosa con voti semplici; finalmente, dopo altri 13 anni di attesa, Clemente IX, Rospigliosi, d’imperitura memoria per le Scuole Pie, le riportò , nel 1669, allo stato originario di Ordine religioso con voti solenni.

Dopo la morte del Calasanzio, la pietà popolaresorse spontanea e gli rese quegli onori che essa sa rendere ai veri santi.  Ben presto ebbero inizio i processi per la sua beatificazione, che pero si protrassero sino al 1748, anno in cui fu beatificato da Benedetto XIV: nel 1767 por Clemente XIII ne decretò la canonizzazione.

Il suo sacro corpo si venera nella chiesa di S. Pantaleo, in Roma, e nell’attigua casa è la stanza dove egli abitò e morì.

[1] BIBLIOGRAFIA: Per notizie biografiche più dettagliate si possono consultare le antiche opere dei pp. Vincenzo Talenti e Urbano Tosetti: inoltre alcuni miei scritti di questi ultimi anni e le recenti pubblicazioni dei pp. Calasanz Bau e Giorgio Sántha.  Nell’opera di quest’ultimo (S. José de Calasanz. Su obra, escritos, Madrid, 1956, pp. LII-828) a pag. 3 il lettore troverà elencate tutte le opere e gli scritti recenti su S. Giuseppe Calasanzio.